Me ne andavo ragionando, mezzo fradicio, che stavamo lasciando questo strano “maggembre”(curioso miscuglio di maggio e novembre!) per inoltrarci in un prossimo “giugnaio”(altrettanto inspiegabile incrocio di giugno con gennaio!),. Inoltre mi chiedevo ancora come fosse possibile fare un incontro tanto sorprendente qui in foresta, quando mi bloccai sul sentiero presso il Montanino. L’incontro sorprendente c’era stato con una coppia di beccofrusoni che sapevo specie residenziale del Nord Europa, al limite della Germania del Sud, o anche del Canada con una migrazione a Sud entro il limite della temperatura media di 10° C; invece mi avevano tagliato la strada con una rapida virata e avevo fatto in tempo a cogliere la sensazione delle punte delle remiganti e delle timoniere gialle e rosse. Già, per riconoscere una specie ornitologica molto spesso devi accontentarti di una sensazione, di una risonanza di colore, specie se sono in volo. Tipico è il fulvo bagliore – lampeggiante nella traiettoria – del codirosso spazzacamino… Procedevo insomma lungo costa, a una media altezza rispetto alla strada che correva in basso come un biacco, ferendo la forestae repentinamente i miei sensi ordinarono ai miei muscoli di bloccarsi, senza passare lungo il circuito neuronale della consapevolezza: dopo pochi istanti me lo ritrovai di fronte. Era fulvo e sottile; lui si era bloccato già da un po’, evidentemente, e muoveva la bella testa, ma non pesante come quella dei cugini sloveni, inclinandola a dritta e a manca per la curiosità. Sapeva chi ero, accidenti, e infatti mi riconobbe. L’istinto gli rivelò che non ero preda, ma neanche predatore, o meglio…non rappresentavo un pericolo (almeno non più) per lui e per il suo branco…il lupo! Sentii la pelle aggricciarmisi, pur non potendone cogliere l’odore ferino, a causa della distanza. Restammo lì, immobili, a scrutarci, a recepire anche il minimo movimento l’uno dell’altro. Forse lo immaginai poiché l’emozione era stata forte, immaginai che mi facesse una specie d’inchino o uno sberleffo magari, si piegò di lato come per ossequiare un pari grado, entrambi sull’ultimo gradino, quello più alto, della catena alimentare. Riconobbe in me un degno rivale, ma non un nemico – non più almeno – e scomparve in uno sbaffo di nebbia grigiastra, come se non fosse mai esistito.
Vi darò ora alcuni semplici consigli che è possibile seguire nella beauty routine quotidiana, senza perdere troppo tempo: in un quarto d’ora o venti minuti al massimo si riesce a fare le cose perbene. Si tratta di pochi passaggi da seguire con scrupolo ogni giorno: oggi parleremo del 3°.
3° – La volta scorsa (trovate tutti gli articoli nel BLOG) abbiamo parlato del tonico, raccomandando l’acqua di rose. oggi ci occuperemo del re dei trattamenti di bellezza: il siero. E qui le cose si complicano parecchio. Chiariamo subito la differenza fra siero e booster, perché spesso vengono confusi. Il booster ha una funzione specifica, per esempio idratare, mentre il siero – almeno in teoria – può tutto. Sia un siero BIO o almeno naturale; non fidatevi di tutte le certificazioni perché ce ne sono alcune che si accontentano davvero di poco. Rivolgetevi ai prodotti certificati Natrue. La potenza del siero risiede nel fatto che invece di sfruttare le molecole grasse, usa, per penetrare ed agire in profondità, l’acqua…già semplicemente una soluzione acquosa. Non dev’essere troppo denso né troppo fluido, cambiatene finché non troverete la compattezza che vi si confà. Il siero è il cuore e il segreto della skincare: non rinunciateci mai.
Ora, per non tirare per le lunghe, vi abbraccio e vi saluto tutte e tutti e spero che mi leggerete ancora qui, sul BLOG dell’Antica Farmacia.
Pace in Ucraina!
Firmato: Un monaco dell’Eremo di Camaldoli