Una cosa che proprio non vorrei è “smitizzare” Camaldoli, non vorrei deludere nessuno, tantomeno togliere meriti alla nostra Congregazione, ma come sono andate le cose bisogna dirlo e riconoscerlo, a partire dai meriti certo, ma senza sottacere qualche demerito, se proprio dovesse esserci. Qualcuno, dopo questo preambolo, potrebbe già preoccuparsi, ma tranquillizzatevi: è solo di alberi che intendo parlarvi.
Ebbene in una data compresa fra il 1012 e il 1027, quest’ultimo è l’anno della morte del nostro santo e amato Romualdo, il fondatore dei Camaldolesi; capitato qui nei paraggi – nel suo quasi indefesso girovagare – il padre degli eremiti occidentali si lasciò attrarre e innamorare da questa foresta e vi fondò in mezzo un bell’Eremo. Una casina più a valle c’era già e di lì a poco ci andarono a vivere un paio di monaci per dare assistenza agli eremiti che si ammalavano e così, dopo un altro po’ nacque l’Ospedale di Camaldoli che, non molti lo sanno, è esistito fino al 1800 e passa.
Insomma, vi dicevo di questa lussureggiante foresta. Ora, voi lo sapete che non esagero mai, magari tendo un po’ a infiocchettare le cose, ma senza mentire su nessuna faccenda e quindi, quando dico che la Foresta di Camaldoli è l’unica foresta d’Italia non esagero per niente. Sì, certo, c’è la Foresta Umbra del Gargano, ma c’è una grande differenza (a parte le dimensioni): quella fu disboscata e ripiantata, ma invece il terreno nel quale affondano le radici i nostri amici alberi qui intorno non ha mai conosciuto il sole pieno, nel senso che la nostra foresta non è mai stata tagliata tutta. Per secoli noi monaci ci siamo occupati di lavorarla, ripiantarla, farci legna da ardere e coltivarci legname per tanti usi, primo dei quali l’edilizia, il mobilio ma senza dimenticare le imbarcazioni di ogni stazza e misura. Proprio per questo, fino dall’inizio e cioè dall’XI° secolo, piantammo abeti, abeti, abeti e ancora abeti, in particolare l’abete rosso o “peccio”, i più eruditi direbbero: picea abies. Perché? In primo luogo, perché vive 400 anni e arriva a misurare 40/50 metri d’altezza e se non ci credete venite a visitare l’abetina intorno all’Eremo e ve ne renderete conto. Poi secca in fretta, è leggero, tenero, nodoso, resinoso, non dura tanto, ma…cresce in fretta. E questa finale è la parte che piaceva di più ai nostri predecessori. Ecco, la foresta ben presto divenne un “bosco puro” e ad onta di questo bell’aggettivo, tutti dovrebbero sapere che non va bene un bosco fatto con una sola specie di alberi, la natura non si comporta mai così e anche per questo tutto le riesce molto bene: lei è ingorda di varietà e non sopporta i ‘vuoti’, le piace riempire tutto creando differenze ad ogni angolo. Quindi sono ben felice che da qualche anno il faggio si stia riaffacciando, la faggeta si sta riprendendo quello che le era stato tolto e avanza sempre più in quota, mentre i vecchi abeti continuano a cadere, anche perché il clima sta cambiando velocemente. Inoltre, l’abetina crea ombra e cresce fitta fitta, al contrario la faggeta lascia spazi, aiuole e radure, nelle quali tollera volentieri l’avanzare di tante specie vegetali le più diverse, mentre tanti animali e animaletti vi trovano alimento e riparo.
A questo proposito, mi viene in mente che la nostra pelle abbisogna di una varietà di prodotti che la proteggano e ne esaltino le sue innate qualità. Prodotti differenti come differenti sono il legno di faggio che è duro, pesante e durevole, mentre quello di abete è tenero, leggero e dura poco. Ma prima ancora dei prodotti – e vi raccomando che siano solo naturali -, bisogna osservare alcune regole che ci permetteranno di conservare sane e giovani soprattutto le zone di pelle più esposte, quelle del viso-collo e delle mani. La pelle ha necessità di acqua e tanta dobbiamo berne, ma dobbiamo anche idratarla dall’esterno – e per questo vi ho già parlato del Burro di Karité che è il più potente idratante che madre natura ci abbia donato. Poi è necessario dormire otto ore per notte (non una di meno) e – come facciamo noi monaci dell’Eremo di Camaldoli – andare a dormire presto e svegliarsi presto. Dovete assolutamente smettere di fumare qualsiasi cosa voi stiate fumando: il fumo toglie ossigeno oltreché ai vostri polmoni anche alla vostra pelle. Infine occorre proteggerla dal sole, dal freddo pungente e dal vento con i prodotti che man mano vi segnalerò in questo Blog. Ah, una cosa importante: ricordatevi di sorridere; il sorriso mette in movimento un numero enorme di muscoli del volto, mantenendo la pelle elastica e tonica e poi vi fa ringiovanire anche dentro!
Ora, per non tirare per le lunghe, vi abbraccio e vi saluto tutte e tutti e spero che mi leggerete ancora fra qualche giorno sempre qui, sul BLOG dell’Antica Farmacia: ho intenzione di presentarvi altri prodotti da usare in inverno. Tanti Auguri di Buon Natale: siate felici perché il Signore viene!
Firmato: un monaco dell’Eremo di Camaldoli